L’uomo che piantava gli alberi è il celebre romanzo breve di Jean Giono , un inno d’amore per la natura e un’ode alla perseveranza dell’uomo e ai grandi risultati che può ottenere. Vi va di scoprirlo assieme?
Pubblicato per la prima volta nel 1953, L’uomo che piantava gli alberi , nell’edizione italiana non supera le 3.500 parole ma è uno di quei libri che quando li leggi non li dimentichi più.
Riassunto de L’uomo che piantava gli alberi
La storia ha inizio nel 1910 con il racconto in prima persona del protagonista che fa un’escursione in una zona di montagna sconosciuta ai turisti, tra i 1200 e i 1300 metri di altitudine, dove le Alpi penetrano in Provenza.
In quei luoghi silenzio, vento freddo, solitudine e aridità regnano incontrastati. Si scorgono solo i resti di un vecchio villaggio abbandonato, privo di acqua, con case diroccate e un campanile crollato. L’unica vegetazione presente è la lavanda selvatica.
Sono zone prive della speranza di riscatto umano e sociale, ma l’io narrante incontra un uomo che si distingue: un pastore cinquantenne, Elzéard Bouffier, un tempo residente in una fattoria con moglie e un figlio, entrambi morti.

Rimasto solo, l’uomo non ha ceduto alla disperazione e al dolore, ma ha deciso di reagire andando a vivere in solitudine in quella zona di montagna, con un obiettivo da perseguire: piantare 100 ghiande di quercia al giorno in quel vasto terreno arido per riportarlo alla vita. A seguire faggi e betulle.
Si dedica a quel compito da tempo.
Da tre anni piantava alberi in quella solitudine. Ne aveva piantati centomila. Di centomila, ne erano spuntati ventimila. Di quei ventimila, contava di perderne ancora la metà, a causa dei roditori, o di tutto quel che c’è di imprevedibile nei disegni della Provvidenza. Restavano diecimila querce che sarebbero cresciute in quel posto dove prima non c’era nulla.
I due si salutano e l’escursionista per anni non fa ritorno alla valle: l’anno seguente scoppia la prima guerra mondiale e l’uomo è impegnato al fronte per cinque anni.
Quando ritorna in Provenza sono gli anni Venti, il pastore è diventato apicoltore e ghiande, betulle e faggi sono diventati alberelli che formano una foresta della lunghezza di 11 chilometri. Tutt’attorno, grazie ad una reazione a catena, sta tornando la vita grazie all’acqua che è tornata a scorrere in ruscelli che erano secchi da decenni.
Tra il 1920 e il 1939 il narratore non lascia mai passare più di un’anno senza andare a trovare Elzéard Bouffier assistendo così al progressivo successo della sua impresa. Grazie al suo meticoloso lavoro quotidiano nasce nuova vita: la zona, vasta oltre 30 km, rinasce grazie a lui.
Peccato che la sua opera sia beffardamente incompresa dalle istituzioni che credono che quella grande foresta sia sorta “naturalmente” ma a lui fortunatamente non importa.
La sua foresta supera quasi indenne anche la seconda guerra mondiale, essendo troppo fuori mano perchè ci sia una qualche convenienza economica ad abbatterne gli alberi.
Il narratore torna a trovare Elzéard Bouffier nel giugno del 1945 rimanendo stupito dai cambiamenti del luogo: oltre 10.000 persone sono andate a vivere in quelle zone che sono ora oggetto di un nuovo sviluppo sociale, turistico ed economico.
Tutte devono la loro felicità a Elzéard Bouffier ma ignorano il fatto che sia lui l’autore di quella rinascita. Elzéard Bouffier muore serenamente nel 1947 essendo riuscito a portare a buon fine un’opera degna di Dio.
Le varie edizioni de L’uomo che piantava gli alberi
Visto il grande e meritato successo avuto negli anni da L’uomo che piantava gli alberi , varie sono le edizioni Salani in cui è possibile leggerlo.
Provo qui a riepilogarle tutte.
Edizione illustrata da Simona Mulazzani (1997 e successive)
La prima edizione che vede L’uomo che piantava gli alberi arrivare anche in Italia è quella arricchita dalle illustrazioni di Simona Mulazzani.
Il suo tratto a matita, in bianco e nero, si integra armoniosamente con il testo scritto con l’intento di richiamare l’armonia tra uomo e natura che sottende tutto questo romanzo breve.
Questa versione illustrata del romanzo è indubbiamente quella maggiormente diffusa e ri-pubblicata in Italia.
Disponibile su Macrolibrarsi sia in versiona cartonata (qui) che con copertina flessibile (qui).
Edizione illustrata da Joëlle Jolivet (2010)
Molto bella e suggestiva l’edizione da collezione illustrata da Joëlle Jolivet che è quella che ho scelto di acquistare io.
Al suo interno il testo è affiancato da immagini a colori ed impreziosito da due splendidi pop-up che restituiscono in tre dimensioni il paesaggio del racconto, prima e dopo la sua meravigliosa trasformazione.
E’ un po’ più difficile da trovare ora ma ce ne sono ancora copie in giro. Disponibile su Amazon e Macrolibrarsi.
Edizione illustrata da Tullio Pericoli (2012)

Altrettanto suggestiva l’edizione illustrata a colori, col suo stile inconfondibile, da Tullio Pericoli.
Nella prima parte del volume abbiamo piccoli e graziosi schizzi a margine del foglio scritto che lo ornano e lo descrivono.
Nella seconda parte tavole nei toni acquarellati dei verdi e delle ocre che si dispiegano a tutta pagina, quasi a confermare il buon esito finale del visionario progetto dello traordinario protagonista.
Il risultato è un volume in cui si respirano la stessa pace e lo stesso spirito del semplice pastore Elzéard Bouffier.
Edizione illustrata da Peppo Bianchessi (2016)

In occasione del ventesimo anniversario della pubblicazione in Italia, esce l’edizione de L’uomo che piantava gli alberi illustrata da Peppo Bianchessi, un vero e proprio omaggio alla passione di Jean Giono per l’arte tipografica e calligrafica.
Nella prima parte le immagini, in bianco e nero, fanno da ideale accompagnamento alla desolazione della landa deserta e secca, in cui crescono solo radi cespugli di lavanda.
Poi – man mano che la narrazione prosegue e spuntano i primi alberi – le illustrazioni si fanno più colorate, fino all’esplosione di verde finale.
Un vero e proprio libro che germoglia metafora delle idee che vengono ‘piantate’ attraverso il seme-parola e che col tempo germogliano e crescono diventando rigogliose.
Disponibile su Amazon e Macrolibrarsi.
Il cortometraggio de L’uomo che piantava gli alberi

Ispirandosi al racconto di Jean Giono L’uomo che piantava gli alberi, il canadese Frédéric Back realizza nel 1987 un cortometraggio d’animazione.
I delicati e suggestivi disegni a matita colorata su acetato che si evolvono fluidamente per tutta la sua durata, mescolando sapientemente momenti poetici, intimistici, violenti e toccanti gli valgono nel 1988 il premio Oscar come miglior cortometraggio d’animazione.
Dopo pochi anni, nei primi anni ’90, il cortometraggio appare su Rai Uno all’interno del programma Fantasy Party di Maurizio Nichetti.
Successivamente, nel 2008, esce ridoppiato in dvd con la voce narrante di Toni Servillo.
In occasione del 30° anniversario della sua pubblicazione, Salani ha riproposto il cofanetto che comprende sia il romanzo di Jean Giono che il film d’animazione premio Oscar di Frédéric Back. Disponibile su Amazon.
Riflessioni che scaturiscono dalla lettura/visione de L’uomo che piantava gli alberi
L’uomo che piantava gli alberi è una fiaba moderna, una parabola che fin dalla sua prima edizione ottenne un enorme, meritato successo.
Pur essendo stata concepita quando l’ambientalismo e la considerazione del bene comune non erano ancora concetti all’ordine del giorno, è stata capace di attraversare il tempo rimanendo a tutt’oggi un testo simbolo per gli ecologisti e oggetto di studio nelle scuole.
Essendo stata scritta in una coinvolgente forma in prima persona a lungo i lettori hanno pensato (erroneamente) che si trattasse di un racconto autobiografico. In realtà il pastore Elzéard Bouffier non è un personaggio realmente esistito ed il narratore non è Jean Giono stesso che ha smentito più volte questa versione.
Anche se, tra le pagine di questo racconto, è possibile ritrovare alcuni tratti dello scrittore: l’amore per le passeggiate in solitudine sulle colline, il ricordo di lui che da bambino camminava insieme al padre con le tasche piene di ghiande e un bastone per poterle piantare…

In questo racconto si ritrovano tutti i temi che furono cari allo scrittore:
- il pacifismo, nel parallelo implicito fra le giovani vite mietute dalla guerra e i giovani alberi seminati dal pastore.
- l’attaccamento alla vita e il ritorno alla natura selvatica.
- l’apprezzamento per il lavoro onesto, silenzioso e solitario, per lo sforzo individuale generoso e tenace che lascia traccia e che l’inquadramento in qualsiasi ufficialità rischierebbe di vanificare.
- la ricerca della felicità, sia individuale che collettiva, nelle cose semplici.
Un romanzo da leggere ancora oggi perchè contiene alcuni messaggi importanti:
- anche un singolo individuo può cambiare il corso della storia, degli eventi della propria comunità.
- anche le imprese più grandi iniziando da gesti modesti, come quello di piantare un piccolo seme.
- pur restando nell’anonimato ciascuno di noi può trasformare un piccolo gesto in una grande impresa di vita, in “un’opera degna di Dio”.
Una storia esemplare che racconta “come gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre la distruzione” con la debita ostinata generosità.
E per questo mi sento di consigliarne la lettura un po’ a tutti, grandi e piccini.
Voi cosa ne pensate? Lo avete letto?
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